LE “PISCINE” ETRUSCO-ROMANE TRA LE MERAVIGLIE DI CALAFURIAAlessandro Papò Letizia Marini Gianluca CitiLungo la costa a sud dell’Ardenza e dell’Accademia Navale di Livorno, peril tratto di circa 3 km. che va dalla Torre del Boccale, attraverso Calafuria,a Cala del Leone, si notano numerose cave antiche di arenaria a cieloaperto. Alcune di esse stanno proprio a ridosso del mare o persino sotto illivello dell’acqua, altre, invece, si trovano più all’interno, verso la macchiae le colline.Quelle di gran lunga più antiche sono le cave a mare del Boccale e diCalafuria, conosciute come “vasche” o “piscine”, per il loro caratteristicoaspetto, più o meno coincidenti con l’indicazione “ad piscinas” dellavecchia Tavola Peutingeriana ( copia medievale, com’è noto, di unamappa romana del IV sec. d.C. ). I tagli pavimentali più bassi di queste cosiddette piscine stannoattualmente a 1,65-1,70 m. sotto il livello medio del mare e sono statidatati al periodo etrusco-romano non solo in base a calcoli mareometricidel livello marino ( un determinato e progressivo innalzamento del livellodel mare in una costa tettonicamente stabile ), ma anche per la tipologia ela grandezza dei tagli stessi. Le altre cave, specie verso le colline, sonomeno antiche e databili praticamente in ogni epoca storica, sin quasi ainostri giorni. Dalle cave si estraevano due tipi di pietra arenaria: la più ricercata eradetta pietra serena, piuttosto scura, compatta e resistente. L’altra era dettapietra ruspa o crusca, giallastra, granulosa e meno resistente.Come rilevato da R. Galoppini et alii ( in “Le cave di arenaria lungo illitorale livornese”, Quad.Mus.Stor.Nat.,Livorno 1996,112 ), “finora, le cavedi arenaria conosciute attive in Toscana in epoca etrusco-romana sonoquelle di Montececeri nei pressi di Fiesole (Salvianti e Latini, 1988). Imateriali estratti venivano impiegati principalmente per la costruzione distele funerarie, condotti, fognature, strade lastricate, terrazzette e, a grandiblocchi, per la costruzione di edifici, acquedotti, cinte murarie “. Stessiimpieghi sono ovviamente da considerare per la pietra di Calafuria e ve nesono tracce documentate. Lo spettacolo che si presenta nel tratto di costacitato è davvero suggestivo: molte vasche mostrano effettivamente laforma e la grandezza di una piscina, più che di una vasca, con tanto dicomodi scalini di accesso, ben squadrati e levigati. E il ricambio d’acquapuò anche essere continuo, massaggiante e piacevolissimo. Altre cave,più complesse e alte, specie verso l’interno collinare, presentano, su piùlivelli, molti gradoni allineati a scalinata curva, tanto da sembrare degliantichi anfiteatri.Altre, infine, per il colore più cupo, quasi ceruleo, e perl’enorme e incombente massa petrosa parietale, possono suscitarequalche nota di disagio. Più che una descrizione, però, valgono le figure che presentiamo e, piùdelle figure, una bella gita, come ben sanno i livornesi.Calafuria splendida e ricca di meraviglie archeologiche e naturali: lascoperta del G.A.L. (“Un relitto etrusco tra i rinvenimenti diCalafuria”,G.A.L., Livorno 2005, purtroppo già più volte saccheggiato),ceppi plumbei romani, anfore massaliote, uno strumento plumbeomisterioso ( vedi in questo stesso sito ), di cui daremo maggiori notizie (inchiesta mondiale internet in corso ) ; il relitto, ancora più saccheggiato,sin nelle strutture lignee, di una nave romana davanti a CastelSonnino/Romito (vox populi ), mazzere d’ingegno per la pesca del corallo (molto probabilmente appartenute alle feluche coralline del barone Ginori,nel XVIII sec.), antiche mazzere a rocchetto da rete da posta, tipoBouscaras ( Agde ); inoltre, banchi latini parietali di un bel corallo rosso,importante fauna marina da passo ( tonnarelli ) e da scoglio ( soprattuttoaragoste, granseole, polpi e triglie ) e, come si può osservare in questostesso sito ( vedi pagine foto subacquee ), tanti obiettivi d’ogni genere dafotografare. Ma mirabilia anche fuori d’acqua: il panorama indimenticabilein qualsiasi momento dell’anno, le famose falesie, ricche di rocce dallefigure più strambe, che continuano a degradare sott’acqua sino al fondale,una suggestiva forma di erosione meteomarina, detta alveolare, moltotipica della zona, che buca così profondamente e fittamente le rocce dafarle sembrare delle grosse spugne, i castelli solitari, le torri mediceeallora vigili sentinelle contro le incursioni barbaresche, e appunto le“piscine”dianzi descritte, usufruibili per diletto come tali, magari comemoderni tepidaria, con qualche ovvia attenzione per quelle parzialmentesommerse, quando il mare è grosso. E pensare, per di più, che nei secolisino al V a.C., questo era un punto di passaggio obbligato per tutte le navida cabotaggio etrusche, greche, magno-greche e fenicio-puniche, direttenella Gallia meridionale, alle Pitiuse e Baleari, in Iberia sino alle Colonned’Ercole e forse oltre. Qui passava l’antica “via del vino”, ovvero la rottaseguita soprattutto dai mercantili etruschi ( e poi romani ) per trasportarevino ( e altre mercanzie ) in quelle terre, soprattutto a Massalia ( l’anticaMarsiglia ), ad Agathé Tyche ( “Buona fortuna”,odierna Cap d’Agde inLinguadoca), ad Emporion ( Ampurias in Costa Brava ) edHemeroscopéion ( Derna nell’Alicante ).Tutto questo, in un breve tratto di costa etrusca, specie nel flyscharenaceo di Calafuria, , a due passi da Livorno: pieno mare, tomi distoria, tanta archeologia, e queste fantastiche cave-piscine, qui accennatee illustrate, degne non solo di ammirazione, ma anche di grande rispetto ememoria perché hanno dato lavoro a tanta gente per assai più di duemillenni.Letizia Marini, Gianluca Citi del Gruppo Archeosub Labronico